giovedì 1 luglio 2021

Donne che amano troppo - Robin Norwood

Come avevo promesso ieri, vorrei parlarvi di un libro che ho letto di recente e che mi ha totalmente schiacciato. Parlo nello specifico del libro della psicoterapeuta americana Robin Norwood: Donne che amano troppo . Se siete un po' come me, forse penserete che il titolo del libro rimanda a un non so che di stucchevole, e forse (come nel mio caso) vi dara' fastidio prendere il libro tra le mani la prima volta, pensando che vi stiate portando per casa un libro tipo Men are from Mars, Women are from Venus, mentre cercate un angolo tranquillo dove poter iniziare a leggerlo. Questa sensazione durera' solo finché non aprirete il libro e inizierete a leggerlo, poi molto probabilmente vi capitera' di iniziare a ritrovarvi nelle storie narrate in quelle pagine e capirete che (alludendo a Marte e Venere) questo libro e' su un altro pianeta. Ah, per inciso, vorrei scusarmi per gli accenti sbagliati su alcune vocali ma il mio laptop non ha una tastiera italiana (vi prego non fatemi sentire un'idiota lasciandomi nei commenti le istruzioni per come fare a cambiare la lingua della tastiera). Ok, dicevo quindi, il libro e' su un altro pianeta. Nonostante la copertina di alcune edizioni americane raffiguri cuori vari, e un titolo in corsivo tutto arzigogolato, (l'edizione italiana Feltrinelli e' per lo meno un po' meno banale in questo senso) il libro e' effettivamente uno studio sui comportamenti recidivi di alcune donne che, segnate da un particolare modello emotivo esperito e vissuto durante la loro infanzia, si ritrovano poi a rincorrere una tipologia di uomo simile alla loro figura paterna. Robin Norwood nel suo ruolo di Psicoterapeuta si e' molto dedicata alle problematiche della famiglia per una quindicina d'anni, e ha seguito, in particolare, gli scenari di famiglie in cui ci fossero problemi di dipendenza (da alcol o droga) o in cui ci fossero padri emotivamente assenti. Quello che in inglese chiamano ''emotionally unavailable'' per intenderci. Sicuramente moltissime donne nel mondo si ritrovano e, purtroppo, si ritroveranno in questa situazione e nonostante questo possa essere una (magrissima) consolazione perche' per un istante si puo' credere che non si sia sole, o incomprese, e' anche vero che non me la sentirei di ricorrere al famoso detto ''mal comune mezzo gaudio''. Resta un problema quindi che, a mio parere, puo' seriamente danneggiare la psiche di una donna, nonché la sua vita reale. I costrutti sociali ci hanno poi sempre abituato a pensare che l'amore debba essere sofferto, per essere vero e autentico, e che quindi va bene scegliersi un uomo difficile e cercare di cambiarlo, perche' nonostante possa essere un atto estenuante, sfibrante, deleterio, e persino pericoloso, ne vale la pena in nome dell'amore. Io non sono una psicologa, quindi preciso che quello che scrivo qui, e' la semplice riflessione che faccio da lettrice (e da donna che ha amato troppo, e troppe volte pure) ma non e' un'analisi tecnica sul tema delle dipendenze e delle relazioni patologiche. Anche se poi, comunque, le mie riflessioni riguardano quello, le relazioni patologiche, ma da un punto di vista prettamente personale (che forse sara' simile per alcun* di voi, e per altr* no). Insomma, tornando al libro, l'ho letto ma non ero pronta né preparata alla tabula rasa che avrebbe provocato in me stessa. Dalle prime pagine mi e' parso chiarissimo che avrei identificato meccanismi che ho conosciuto benissimo da piccola, vivendo in una casa piena di tensioni, con una madre iper-ansiosa, e un padre iroso, insoddisfatto, bullo e incapace di dirci che ci voleva bene. Ricordo che mio padre mi ha sempre detto ''Ti stimo'' ma mai ''Ti voglio bene'', e ricordo benissimo anche che una volta, quando mi sono ammalata per un mese intero ed ero praticamente collegata ad una flebo nella mia camera da letto, perdendo peso, forze e appetito, quando ero spaventata perche' non si capiva cosa avessi, e potevo solo bere un po' di acqua da un piccolo cucchiaino da té, lui venne nella mia camera, vicino al mio letto, rimase in piedi, e mi guardo'. Mugugno' qualcosa, poi io gli chiesi se poteva abbracciarmi, perche' avevo paura, ma l'unica cosa che riuscí a fare fu mettermi una goffissima mano fredda (era febbraio ed era appena rientrato a casa) sulla faccia. Ecco. Non e' l'unico ricordo che ho. Ne ho molti. Principalmente sono ricordi in cui lui urlava, era inavvicinabile, sapeva come farsi temere, e quindi presto imparai che stargli lontano sarebbe stato molto meglio per me, per evitare ansie peggiori di quelle che gia' mi procurava il dover vivere con lui non sapendo cosa avrebbe potuto adirarlo. Certo pero' era mio padre, e naturalmente in maniera istintiva gli volevo bene. Quindi nonostante tutto, cercavo di trovare un modo per attirare la sua attenzione (andavo bene a scuola, ero educata, mi esprimevo bene perche' poi la gente potesse riferirgli quanto fossero colpiti dal mio linguaggio) ma altre volte decidevo anche di attirare la sua attenzione esplodendo. Questo capitava quando ero satura di tristezza e frustrazione e non riuscivo a pensare a quella razza di motivo potesse esserci per essere cosi' fortemente ignorata da mio padre, nonostante tutti il mio impegno ad essere una brava figlia. Naturalmente questo non dava buoni risultati. All'epoca non avrei mai immaginato che quel rapporto sarebbe stato la matrice di molti altri legami con gli uomini, nelle mie relazioni amorose, pero' leggendo questo libro ho capito che avevo fatto miei due meccanismi (controllo e negazione - ne parla a lungo la Norwood) davvero tossici e capirlo ora mi ha fatto sentire derubata di tanti anni, di tante scelte, di tante opportunita' di serenita'. E' importante che capiate, se state ancora leggendo, che non mi sto rendendo una vittima. Sono consapevole del fatto che un padre emotivamente assente (per quanto non il massimo) non sia esattamente la cosa peggiore che possa capitare, e so anche che molte altre donne magari riescono ad allontanarsi da quel modello affettivo, riuscendo a vivere piu' o meno serenamente la loro vita adulta. Sto solo dicendo che la mia esperienza e' questa, e quando l'ho capito, ho trovato un nesso a cui non ero pronta. Trovare questo nesso pero' mi ha imposto moltissime riflessioni, che non sono ancora finite, e mi ha causato reazioni di puro panico. Ho recentemente sabotato un rapporto a cui tenevo tantissimo, di una profondita' e importanza unica nella mia vita; mi sono persa cosi' tanto nello smarrimento causato dalle mille realizzazioni di questa lettura, che non sono riuscita a porre un freno a certi miei modi di fare. Al contrario sono arrivata a dinamiche ancora piu' aggressive, in questo rapporto che ho sabotato, perche' ad un certo punto sono stata pervasa da un devastante senso di abbandono che mi ha attivato il famoso istinto fight or flight (e io ho premuto il tasto fight). Insomma...... il caos. Certo questo non e' il forum per parlarvi di cio'. In fondo vi avevo detto che volevo parlarvi del libro ma in realta' c'e' anche una riflessione secondaria che mi sembra importante elaborare: quanto sia importante da genitori essere consapevoli dei propri limiti, e crescere (nel ruolo di padre e madre) insieme ai nostri figli.
E' un periodo molto delicato della mia vita. Avverto una crisi, ormai matura, che forse e' iniziata tanto tempo fa e che ora si sta manifestando in tutta la sua potenza. Vivere questa pandemia, lontano dal mio paese di origine, mi provoca molta ansia (non avrei mai pensato nel 2019 di essere ancora qui e che la mia liberta' di poter andare in Italia quando ne ho voglia sarebbe stata limitata da compagnie aeree e governi che mi isolano e allontanano ancora di piu' dalle mie radici). Sembra tutto molto, molto, difficile, e sembra tutto a tratti impossibile da risolvere. Il libro della Norwood alla fine e' anche utile, ma dovete essere pront* ad esserne destabilizzati. Potrebbe essere il primo passo di un cambiamento radicale del vostro paradigma, e questo e' un pensiero notevole da accettare.